Cambiare fa paura, a tutti. Ai singoli e alle organizzazioni, che poi sono fatte di persone. E adesso che c’è la crisi è ancora peggio: si incontrano costantemente presidenti e amministratori di organizzazioni nonprofit letteralmente paralizzati dal terrore. Pensano di doversi muovere con grande cautela, valutando e rivalutando ogni dettaglio, soppesando col bilancino i pro e i contro di ogni possibile mossa, diventando ancora più lenti a decidere in un momento in cui invece è richiesta innanzitutto rapidità. Percepiscono di essere sull’orlo di un precipizio, ma così facendo non fanno altro che slittare fatalmente sempre più vicini ad un punto di non ritorno in cui sarà praticamente impossibile fare qualcosa per aiutarli.
E’ un qualcosa che deriva dalla non abitudine a mettersi in gioco, dalla difficoltà ad accettare che ogni situazione di stabilità, per quanto faticosamente raggiunta, può non essere per sempre…
La raccolta fondi invece ha a che fare costantemente col cambiamento: spesso i problemi di sostenibilità economica derivano dal non avere saputo interpretare il cambiamento, illudendosi di potere replicare all’infinito schemi ormai vecchi. Questo dovrebbe indurre alla riflessione e convincere della necessità di un approccio aperto al tema fund raising, e invece….
Un approccio molto comune, pericoloso e assolutamente inefficace alla raccolta fondi è quello in cui i vertici, rendendosi conto della necessità del cambiamento ma non volendolo gestire in prima persona, pensano di risolvere il problema delegando in blocco ad un responsabile fund raising interno o ad un esterno che “tolga loro le castagne dal fuoco”. E’ molto frequente sentirsi dire: “abbiamo capito che da soli non avremmo potuto mai farcela, adesso però ci siete voi, e ci porterete i risultati che aspettiamo…”. NO non è così.
La raccolta fondi è una attività di squadra in cui vince o perde tutta l’organizzazione, dal presidente giù fino all’ultimo dei volontari; di sicuro né il responsabile fund raising interno né tantomeno un consulente esterno possono fare nulla se la voglia di cambiamento si ferma a cercare semplicemente una persona che si accolli ogni responsabilità e a fine anno dimostri di avere ottenuto il risultato voluto senza avere disturbato troppo e avere messo in dubbio equilibri interni ormai consolidati.
Il problema raccolta fondi scuote le organizzazioni dalle fondamenta e alcune, a dire il vero, hanno dovuto cambiare radicalmente, arrivando persino a crisi e fratture interne che alla fine, però, hanno permesso di imboccare la strada giusta dello sviluppo sostenibile.
Impostare il fund raising e farlo crescere è stato in questi casi un vero e proprio, benefico trattamento termico: prima la temperatura è aumentata fino al calor rosso, poi il raffreddamento brusco (la doccia fredda) del confronto con la realtà esterna e il crearsi di nuove stabilità, poi la distensione delle tensioni interne e la solidità della organizzazione rigenerata.
Fund raising = opportunità di crescita e di rafforzamento organizzativo!
PC / C.E.
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