Ovvero il vecchio modo di intendere l’impegno, quello che non funziona più, e che ha fatto e continua a fare tanti danni, rispetto a quello inclusivo, disinteressato, creativo, allegro di tanto nonprofit.
Due cene: nell’una i soliti noti, in un contesto solo apparentemente informale, che si ritrovano a raccontarsi le solite cose, a parlare male del prossimo, a ripercorrere un po’ di luoghi comuni. “Ma sai cosa ha fatto questo? Ma sai cosa ha combinato quello? Ma pensa questo quanto è ignorante…A proposito chi vincerà il prossimo congresso?”.
Tutti legati a doppio filo da una ragnatela di amicizie, di militanze dei tempi che furono, di posizioni e di incarichi ottenuti in virtù di tessere politiche o grazie all’interessamento dell’amico dell’amico (niente a che vedere con logiche di capacità o di merito, ovviamente).
Discorsi già sentiti, frasi che suonano come slogan un po’ stantii, ripetizione acritica di concetti che la TV e la stampa ripetono all’infinito….
Dall’altra un gruppo di persone entusiaste, poco interessate alle appartenenze ma molto focalizzate su un obiettivo condiviso, veramente grande e importante, tale da non lasciare spazio a chiacchiere inutili, e tale da obbligare ad imbarcare tutti i compagni d’avventura che siano disposti a dare un contributo.
Nessuna dietrologia, nessuna perdita di tempo; solo guardare avanti, con preoccupazione, certo, ma anche con fiducia e disponibilità a mettersi in gioco. Concretezza, voglia di costruire.
Ci sono anche delle appartenenze, chiaro, ma non diventano mai pregiudizio verso il prossimo nè tantomeno ideologia, e la voglia di includere supera sempre la tentazione di escludere.
Viene da chiedersi quale è l’approccio che serve nell’Italia in crisi del 2009 e chi è che sta creando e canalizzando energie positive verso un futuro migliore, senonchè la risposta è troppo facile.
E allora emerge un’altra domanda: ma non se ne accorgono?
PC – C.E.
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